domenica 30 gennaio 2011

Partiamo dai pensieri semplici

Sono sempre più convinto che i ragazzi di strada non esistano, ma esistano i ragazzi, e la strada. E' difficile non generalizzare quando li osserviamo. E' difficile pensare, quando vediamo un bimbo mendicare alla stazione della metro di Piata Unirii, che in realtà anche lui abbia un nome, o una storia alle sue spalle. Ieri sera ho visto due bimbi nella metro di Piata Unirii. Due bimbi che avranno avuto sei anni. Uno dei due rideva. Perchè rideva?
Il problema, se si può chiamare così, è che, prima di quel bambino, nelle nostri menti compare l'immagine del senzatetto, del povero, della strada stessa, della strada come se quella di Bucarest fosse la stessa di quella di Udine. Arriviamo subito a pensare, con le nostre menti complicate, direttamente al sistema senza aver l'interesse ad approfondire le singole storie. In qualche milesimo di secondo arriviamo a ragionare sulle difficoltà economiche che il governo della Romania non è riuscito a superare e al paradosso dell'entrata in Romania nell'Unione europea e al perchè l'Unione europea non attua controlli su questo territorio e al sistema corrotto e alla crisi politica e morale di queste ultime generazioni di amministratori nonchè alla vecchia mentalità comunista che esiste ancora e al fatto che in Italia ci sono i barboni e non i bambini e quindi dovremmo stare in una situazione un poco migliore e alla crisi morale all'indicenza di vedere queste immagini in Europa all'inizio del XXI secolo e e e e e e.... eh basta! STOP!!!
In noi si avvia quella terribile operazione di massimo comune denominatore che non ci permette di arrivare alle singole storie, ai problemi che ogni ragazzo ha affrontato e affronta. Non arriviamo alle cose semplici.
Chi gli ha dato quei vestiti? Dove ha torvato i soldi per quel panino? Sembra che non abbia una mano ma è veramente così? Dove la tiene nascosta? Chissà dove dorme, con chi dorme. Chissà come si chiama, e chi gli ha dato questo nome?
Vorrei imparare a ragionare anche in questo modo. Credo che la consocenza delle piccole cose ci renda poi più capaci di comprendere il perchè delle medie, delle grandi (talvolta). Se questo è il nostro scopo.
Un operatore di strada lavora in questo modo. Cerca di risolvere i piccoli bisogni quotidiani. Facendo questo entra, anche involontariamente, in una rete sociale complicatissima, che mette in relazione i beneficiari del servizio (i ragazzi), con il loro gruppo, con le famiglie, con i clan. Partendo dalla soddifazione di bisogni semplici e concreti si può arrivare a capire, per esempio, perchè c'è bisogno dell'operatore sociale per avere/non avere quella determinata cosa. Può anche essere che un ragazzo vada in strada perchè le mura della sua casa siano in realtà le mura di una sola stanza, in cui ci vivono in otto. Un ragazzo può scegliere la strada perchè non ha un parco giochi in cui divertirsi, perchè ritrova nel gruppo di coetanei la sicurezza che due genitori non gli hanno dato.
Tante sono le storie, tanti i piccoli problemi, le piccole richieste, le piccole soddisfazioni.
Credo che sia un grande arrichimento personale cercare di dare spiegazioni razionali prima ai singoli, più semplici, più nascosti problemi relativi alle singole, più semplici, più nascoste persone che possono vivere nella realtà multiforme delle strade, delle nostre piccole e grandi strade.
Si tenta, insomma.

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