lunedì 29 novembre 2010

I ragazzi della strada e della colla

Vorrei con questo post fare chiarezza su chi siano i ragazzi di Bucarest. Lo farò, tuttavia, senza soffermarmi sui particolari e senza dare spiegazioni approfondite, perchè non mi sento ancora in grado di spiegare a fondo il fenomeno di questi ragazzi, chiamati con il nome di "boskettari", cioè di randagi, di abitanti della strada, del bosco. In realtà molti in Romania, e qui a Bucarest in particolare, li chiamano "ragazzi della colla", cioè ragazzi che inalano aureolac, una specie di colla, una droga inalante costituita da acqua e colla-vernice prodotte da industrie, che causa loro gravi problemi allo sviluppo fisico, soprattutto se inalata da bambini, e problemi psicologici, perchè fa crescere nervosismo e instabilità mentali. 
Strada e colla quindi. Questi sono i marchi che questi ragazzi si portano addosso, perché così sono stati fotografati dall'esterno, secondo me marchi o classificazioni estremamente limitanti e parziali, che vogliono rinchiudere questi bambini in una specifica categoria sociale, definita da randagismo e uso di droga. A questo punto mi vengono in mente tutti i nomi dei ragazzi di Parada, dei ragazzi che frequentano il centro diurno dell'associazione, di quelli che proprio ora sono in torunée in Italia, di quelli che vivono negli appartamenti sociali o di quelli che vivono in strada. Tutti loro sono stati, e molti lo sono ancora, boskettari. Ma Florin, Marian, Claudiu, Alin, Cristina, Floara, Marian, Gabi, Gabi, Mustafà, Alina hanno storie molto diverse perchè le loro strade, e qui il senso letterale del termine incontra quasi perfettamente la sua connotazione, sono iniziate e si sono, per molti, concluse in momenti e modi differenti. Quindi prima di studiare il fenomeno desidererei che non ci si limiti a osservare il problema come un pacchetto confezionato con una sola etichetta. I caratteri dei ragazzi sono così diversi che meriterebbe evitare di fare delle foto, ma piuttosto farsi raccontare da ognuno la propria storia.

Tuttavia in questo noiosissimo post vorrei scrivere quello che ho capito, in questi due mesi, sulle cause storiche di questo grave problema romeno, che tuttavia raggiunge in altri paesi del mondo un numero di casi ben più alto (India, Brasile, Somalia, Kenya, i maggiori).
La scoperta del fenomeno si deve principalmente alla caduta del regime comunista di Ceausescu nel 1989, quando con il potere del governo del dittatore si disciolse anche la terribile polizia, braccio armato di coloro che hanno ordinato di tenere il problema completamente occultato ai media occidentali.
Le cause del fenomeno sono invece molteplici e credo che non possano essere ristrette alla sola analisi delle politiche sull'infanzia del regime. Credo di dover guardare anche agli studi di quelle che erano le tipiche strutture famigliari della Romania prima e durante il regime, studiandone le caratteristiche da molti punti di vista, antropologico e sociologico in primis. La famiglia romena prima del regime era di tipo patriarcale e la composizione dei suoi membri arrivava ad includere più generazioni, impegnate nel mantenimento del gruppo mediante l’attività agricola e l’educazione dei figli. L’autorità risiedeva nei capifamiglia, che gestivano autonomamente la politica famigliare; ma un ruolo importante era quello delle donne, maestre di vita dei propri figli e nipoti.
Il socialismo invase questa realtà. L'imposizione di una industrializzazione e urbanizzazione forzata su una società quasi completamente rurale hanno prodotto una rivoluzione del sistema-famiglia in Romania negli anni del dopoguerra, e le politiche sulle nascite di Ceausescu si sono caratterizzate da svariati incentivi economici nella politica delle nascita, e dalla proibizione della pratica dell’aborto, frequente prima del 1966, in modo da far crescere, con la popolazione, anche la potenza e il prestigio dello Stato. Maggior popolazione voleva dire maggior forza lavoro da usare, sviluppo del sistema industriale, autosufficienza e crescita economica. Il mantenimento dei figli divenne la principale, se non l’unica preoccupazione dei padri e delle madri di famiglia. Lo Stato garantiva a tutti un posto di lavoro ed una quantità minima di cibo per tutti, quindi i cittadini divennero completamente deresponsabilizzati dal punto di vista della vita pubblica, e i nuclei famigliari destinavano la quasi totalità delle loro risorse al futuro dei propri figli. Futuro controllato, futuro che non c’era.
Negli ultimi anni del regime il dittatore comunista raggiunse il perfetto pareggio della bilancia dei pagamenti dello stato romeno. Il debito estero cancellato doveva essere simbolo della forza del popolo e del comunismo. Ma questo prestigio, celebrato con la costruzione di palazzi mostruosi sopra le piccole case del centro storico, era stato possibile solamente con il sacrificio disumano della popolazione, e dell'economia interna di investimenti e remunerazioni. La crisi economica non poteva convivere in una casa con molti bambini. I bambini orfani, o abbandonati per strada, aumentarono in maniera esponenziale, e divennero un problema di immagine, prima che sociale. La soluzione fu semplice e drastica: istituti nazionali specializzati e controllati dalla polizia del regime, così si realizzò l'ennesima pietra sopra.
Dopo il 1989, con la morte di Ceausescu, il fenomeno dei ragazzi esplose con la chiusura degli istituti specializzati del regime e con l'introduzione dei principali elementi della ristrutturazione economica (privatizzazioni, liberalizzazioni monetaria e dei salari, aumento degli investimenti stranieri) che hanno aumentato il costo della vita, ridotto le politiche sociali e i sussidi (famigliari, per disoccupati, di assistenza sociale, pensioni, sussidi sanitari). Risultato: l'aumento esponenziale delle disuguaglianze sociali (5 volte rispetto al numero di famiglie povere nel 1989). E questa condizione di miseria, tutta a carico delle famiglie che non poterono usufruire degli aiuti dello Stato, ha causato una situazione di estrema precarietà, soprattutto nelle dinamiche famigliari, di cui non è difficile immaginarne le conseguenze.
Nel 2010 non si sa il numero dei ragazzi che vivono nelle strade di Bucarest, anche se si parla di circa due migliaia. I numeri del governo sono minori rispetto a quelli delle organizzazioni non governative che lavorano sul campo. I requisiti di ingresso nell’Unione europea hanno sicuramente costretto la Romania ad introdurre numerose novità nel sistema dell’assistenza dei minori, e l’attenzione dei media occidentali ha portato ad un grande coinvolgimento di organizzazioni non governative romene ed occidentali. Quindi il problema non è stato trascurato. Tuttavia, raggiunto l’ingresso nell’Unione, si è preferito ragionare più sullo spostamento dei gruppi dei ragazzi dal centro alle periferie, agendo di più sui numeri piuttosto che sulla qualità delle condizioni di vita di questi ragazzi. Bucarest centro è il centro di una capitale europea, in realtà le macchine dei diplomatici non passano per le periferie, dove la situazione dei ragazzi non sta migliorando rispetto a 15 anni fa.
Per molti operatori sociali c’è stato un peggioramento delle condizioni di vita negli ultimi anni. La crisi economica obbliga lo Stato a ridurre i fondi disponibili per politiche sociali e le ong si ritrovano a vedere drasticamente diminuiti i fondi da destinare ai progetti. Negli ultimi anni inoltre l’aumento della circolazione della droga ha reso possibile l’uso di droghe pesanti e non tutte illegali. Le strade dei ragazzi non sono fatte di sola colla, ma anche di siringhe e buchi nelle braccia.
Per concludere, se venite a Bucarest vedrete il centro di una capitale che sta cercando di essere quella di un importante paese dell’Unione europea. Il problema dei ragazzi non si vede tra l’università e l’Intercontinental. Il problema è stato letteralmente spostato, quasi nascosto, come la polvere, quindi inesistente e poco importante. Forse esistono due Bucarest, forse una sola, o forse tante quante sono le sue disuguaglianze. Non avevo mai visto in maniera così evidente tre mondi che potessero stare all’interno dei confini di una città: il Primo, il Secondo ed il Terzo.
Mi rendo conto che è difficile.

2 commenti:

  1. Lollo,
    sono davvero felice di vederti scrivere così, così che riesci a condividere ciò che stai mangiando tutti i giorni.
    So che tutti ti commentano questi post per dirti che ne pensano della situazione della tua nuova città. Ma io oggi ti commento per dirti che sono contenta che tu lo condivida così chiaramente.
    Spero ci sentiremo più spesso ( potresti darmi la tua mail? ) un saluto e un pensiero

    giorgia ( quella di lerino che fa il tuo stesso corso di laurea, nel caso tu ti fossi scordato di me eheh )

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  2. ciao Gio! la condivisione è puramente un modo di cercare dialogo con voi, che mi conoscete bene. Cerco di condividere questi pensieri anche perchè una volta qualcuno mi disse che camminare per una città, con un passo veloce, e senza sentirla come se fosse un essere umano, non aveva nessun senso.
    E non ha neppure senso tenere i propri pensieri chiusi sotto un lucchetto, poichè neppure io ho la chiave.

    la mia mail è lollosca89@yahoo.it

    speriamo di sentirci spesso, qui e fuori da qui!
    A presto!

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