sabato 5 febbraio 2011

Il primo giorno di scuola

Mi ricordo molto bene di quel 24 ottobre 2010, di quell'ora: le 21.30. Non solo perchè oggi ho riletto alcuni appunti. Quella sera uscii dal campus studentesco per andare in strada Bucur. Il mio primo giorno di scuola.
Florin mi aveva detto che si sarebbero trovati lì alle 22. Mi ricordo molto bene quella sera. In particolare la paura che avevo per quella prima volta. Ero solo ed era notte. Sapevo quanto la notte mi avrebbe fatto paura.
Volli uscire con i ragazzi del gruppo di strada Bucur. Florin mi aveva detto di venire, e questo già mi confortava perchè, in un certo senso, avevo una specie di autorizzazione ad entrare nella loro compagnia. Mi sono fidato di Florin, pensavo fosse una persona influente nel gruppo, a causa del suo caratteraccio. Ma avevo lo stesso tanta paura. Il cuore faceva rumore, e non i passi che mi portavano verso il luogo dell'incontro.
Voglio scrivere di questo primo giorno di esperienze in strada perchè penso che le mie paure siano molto importanti per comprendere il fenomeno. Credo che quella paura possa essere una testimonianza preziosissima per comprendere il blog intero, e le mie esperienze di ricerca. Risulterà più chiaro per me capire perchè ho cambiato/mantenuto alcune concezioni/pregiudizi/idee sui ragazzi di strada, e sulla subalternità in generale.

Il mio cuore batteva per la paura di essere aggredito. Pensavo di finire sotto un ponte, di addormentarmi con loro, e di venire derubato, oppure picchiato. Per questo non mi ero portato soldi. Solamente la carta d'identità, che sarebbe forse servita per un eventuale incontro con la polizia. Mi ricordo che mi ero messo vestiti già sporchi, una calzamaglia e due maglioni per il freddo. Pensavo di dover rimanere a dormire. Che non mi avrebbero lasciato andare.
Arrivai all'incrocio di strada Bucur, e i ragazzi erano già tutti lì. Imbarazzo pazzesco, la mia entrata in scena sarebbe diventata troppo plateale, non mi andava così. Alla luce verde attraversai la strada per dirigermi esclusivamente verso Florin. Neppure notai le facce degli altri. Appena Florin si accorse di me sorrise e mi presentò ai suoi compagni. Grazie a Dio! La paura cominciava ad essere piano piano sconfitta quando ognuno dei ragazzi/bambini mi dava la mano, e mi diceva il nome. Tuttavia mi sentii quasi sicuro soltanto quando il più vecchio di loro, mi diede la mano e cominciò a dirmi qualche parola in italiano.
Ci muovemmo quindi dalla strada ai bloc. Faceva già molto freddo, e il gruppo si spostò nell'atrio di uno dei grandi ed orribili bloc (i palazzi squadrati che compongono quasi la totalità di Bucarest). Parlavo sempre con il più vecchio, persi di vista Florin, che era stato l'artefice di questa mia prima uscita. Me ne accorsi e cercai di stare assieme a questi due personaggi, mi sarei sentito più sicuro.
C'erano altri 7 ragazzi, i più piccoli avevano 12 e 14 anni. Il resto aveva un'età che variava dai 16 ai 25 anni.
Non è facile introdursi in un gruppo. Difficile per chiunque, non solo per i timidi. ed io lì ero chiaramente diverso. Più alto, tra i più vecchi, straniero, senza la colla, giubbotto pulito. Possedevo una diversità che mi dava fastidio. Decisi così di restarmene zitto ed osservare. Mi misi per terra, nell'atrio del bloc, senza parlare. Le loro ombre si muovevano di fronte a me. Le loro immagini fluttuanti nel buio di un orribile pianerottolo, illuminato dalle luci soffuse della strada, mi sarebbero rimaste impresse per tutta la notte, che non passai con loro, ma nel mio letto a Grozavesti.
E mi ricordo che quell'immagine da retroscena mi motivò tantissimo. Le loro ombre, il rumore di chi accartoccia un sacchetto di plastica, quei sacchetti di colla, quell'odore così intenso di acidi da vernice, quei cani che si accasciavano su di loro come compagni di vita, quegli occhi da retroscena mi hanno, tutti insieme, mi hanno motivato tantissimo a rimanere lì. E mi hanno fatto comprendere tutti i pregiudizi che avevo espresso con le mie paure. Che in realtà costituivano la mia concezione del mondo subalterno, di quel mondo povero e nascosto ai nostri occhi, che in realtà non era proprio così.
Non ho visto violenza, ma aiuto reciproco tra di loro. Non ho visto così tanti egoismi, ma molto spesso condivisione di necessità (i turni davanti al calorifero, la condivisione della droga, la condivisione del silenzio). Non mi hanno chiesto soldi ( questo perchè i negozi erano chiusi a quell'ora?). Non ho dovuto difendermi in nessun modo. Non mi sono sentito escluso, né completamente ignorato. Non mi hanno scacciato. Era come se fossero abitutati alla presenza di esterni. Hanno, un pò tutti, cominciato a chiamarmi per nome. Si ricordavano il mio nome.

Questo cosa vuol dire?
Questo che significa?

Non lo so ancora, non sono conclusioni scientifiche, ma mi aiutano molto a capire che cosa osservo ora.

Le paure di quel primo giorno di scuola mi avrebbero fatto capire tante cose sui ragazzi di strada.
Tornai a casa, felice di tornarvi diversamente. Erano circa le 23.30

2 commenti:

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  2. Ciao Lorenzo, sono Alessia, la ragazza italospagnola che hai conosciuto a Bucarest :)

    Che bel blog e che belle esperienze, sei stato veramente coraggioso e ti ringrazio di aver condiviso con noi le tue testimonianze; già lo leggevo allora ma adesso, con la prospettiva del tempo, mi ha veramente commossa. Bravo, continua così.

    Un forte abbraccio, espero que vaya todo bien ^_^ Quando vieni a trovarci a Madrid/Segovia? :)

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